Villa Siciliana Taormina Sicily
E’, per vastità, il secondo dei teatri classici di Sicilia (dopo quello di Siracusa), con diametro di 109 m (l’orchestra 35): costruito in epoca ellenistica, mediante lo spianamento della cima del colle, fu ampliato e quasi interamente rifatto dai Romani: è stato restaurato negli anni ’80 del ‘900. La costruzione, di epoca ellenistica, sfrutta il declivio naturale della collina; la cavea, divisa in nove cunei con 28 gradini ciascuno, era coronata, alla sommità, da due portici, uno sull’interno (ne rimangono tracce) e uno, più imponente, sull’esterno. In età romana il teatro cessò di servire per rappresentazioni sceniche e fu adibito a spettacoli gladiatori. L’orchestra originaria fu trasformata in un’arena da alto podio, necessario per mettere gli spettatori al sicuro dai pericoli di tali rappresentazioni. Intorno all’orchestra, come negli anfiteatri, correva un corridoio di servizio, la cui volta, ora interamente crollata, reggeva l’inizio delle gradinate. Alla scena, conservata nell’elevato, ma privata del palcoscenico per ingrandire l’arena, rimaneva solo la funzione di prospetto decorativo. Il teatro divenne quindi di fatto un anfiteatro. Al centro dell’arena, come in tutti gli anfiteatri, si aprivano grandi vasche. L’acustica è ancora notevole. Dall’alto della cavea, e più ancora dalle terrazze che sovrastano lateralmente la scena, si ha una vista bellissima della scena con la massa dell’Etna sullo sfondo, e, verso Nord, fino alle montagne della Calabria.
Allontanandosi dal corso Umberto I sulla destra della piazza del Duomo di Taormina si può vedere la casa Floresta, il cui cortile ha elementi architettonici quattrocenteschi nel portale ad arcata ogivale del piano terreno e nella scala (molto vicina a quella di palazzo Corvaja), e cinquecenteschi nelle due finestre architravate su mensoline al primo piano e nell’attiguo portale dall’arco a tutto sesto archivoltato. Sul lato opposto della piazza, è una gradinata che discende in Piazzale S. Domenico: qui è l’ex convento di S. Domenico, che conserva taluni elementi originali come il chiostro meridionale (sec. XVI) e il campanile della Chiesa (secoli XVII-XVIII). La fruizione alberghiera del complesso ha mantenuto parte dell’originale arredo monastico, integrandolo con mobilia in stile impero (seconda metà del sec. XIX). Sotto e dietro S. Domenico corre la panoramica via Roma, che costeggia il pendio dirupato ai piedi della città, con continue, magnifiche viste. Al termine della via è il giardino pubblico o Villa Comunale Duca Colonna di Cesarò, da cui si ha una bellissima vista sull’Etna e la costa da Giardini ad Acireale. Proseguendo per la via Bagnoli Croce ci si va a immettere sulla via Pirandello in prossimità del colombario bizantino: alle spalle di questo è l’ex convento di S. Maria di Gesù, che conserva un chiostro dei primi decenni del sec. XVI.
In Piazza Vittorio Emanuele II sorge Palazzo Corvaja, edificio composto, per successive aggregazioni, da tre corpi (secoli XI-XV), dei quali l’originario (il centrale) è una costruzione d’età araba. ll prospetto sulla piazza appartiene all’ultima integrazione quattrocentesca; le bifore del piano superiore poggiano su una fascia marcapiano bicroma, dal motivo ornamentale tipicamente normanno, dove sono incise talune sentenze morali. Nel prospetto SO, che reca al primo piano una trifora stilisticamente omogenea alle precedenti bifore, un portale ad arco fortemente ribassato immette nel cortile: qui una, scala esterna trecentesca sale a un piccolo ballatoio, delimitato da tre pannelli a rilievo (Storie della Genesi), da dove un piccolo portale ad arco introduce agli ambienti del primo piano; accanto è una bifora. Oggi vi ha sede il Museo delle Arti figurative popolari della Sicilia, che ospita carretti, pupi, costumi folcloristici, ceramiche, presepi e altri reperti della memoria popolare dell’isola.
Presa la via Pietro Rizzo si imbocca a destra la Via De Spuches che delimita il piccolo giardino annesso al palazzo dei Duchi di S. Stefano: la struttura originale del palazzo, che inglobava mura già esistenti di probabile origine araba si può far risalire alla seconda meta del sec. XIII. Un fregio bicromo, corre sui prospetti nord ed est, dove si aprono bifore. Alla sala del piano terreno si accede mediante un portale archiacuto bicromo, contornato da una fascia di pietra lavica; la camera è coperta con quattro volte a crociera impostate su colonna centrale. L’edificio, restaurato, ospita la Fondazione G. Mazzullo: nel giardino e nei tre piani interni sono esposte permanentemente opere di scultura e di grafica di Giuseppe Mazzullo, e vi vengono inoltre allestite manifestazioni temporanee.
Edificata nel XII sec. su antiche fondamenta greco-romane, è stata più volte distrutta dagli eserciti che nel tempo hanno invaso Taormina e subito dopo ricostruita: l’ultimo restauro risale al 1679, voluta fortemente dai taorminesi; in quella occasione fecero collocare anche il grande orologio. E’ ubicata nella piazza IX Aprile, e di fatto delimita il lato inferiore ed è posta al centro del Corso Umberto. L’edificio, aperto dalla Porta di Mezzo, conduce al Borgo Medievale, separando di fatto questa parte della cittadina dalla Taormina classica ed ellenistica. Questa struttura in pietra è sovrastata da merli, reca un orologio nella sua porzione sommale, mentre la porta propriamente detta si apre in un elegante arco in blocchi di pietra squadrata. Su un preesistente impianto delle mura ellenistiche fu costruita la torre, nel basso Medioevo. Nella seconda metà del 18° secolo si resero necessari interventi di ripristino, dopo che l’originario elemento era stato in parte sinistrato. Studi recenti fanno presumere che la prima torre fu eretta sui resti di una più antica costruzione muraria difensiva, risalente all’epoca dell’origine della città e, cioè, intorno al IV secolo a. C. Questa tesi è suffragata dal fatto che le fondamenta della Torre sono costituite da grossi blocchi squadrati in pietra di Taormina.
Questa piazza, grazie alla sua posizione strategica, che si apre nel bel mezzo del centralissimo corso Umberto I, spezza di fatto la continuità dell’asse centrale di Taormina, esteso dalla porta Catania alla Porta Messina, può essere considerata il “salotto” più elegante di tutta Taormina. Dalla balconata si può ammirare uno splendido panorama particolarmente suggestivo che abbraccia l’Etna, la baia di Giardini Naxos e i ruderi del teatro antico di Taormina. Caratteristici sono i bar all’aperto e gli artisti che dipingono ritratti e paesaggi. A fare da sipario alla piazza sono la ex Chiesa di Sant’Agostino, di stile gotico, e la Chiesa di San Giuseppe, seicentesca, che la domina dall’alto di una scalinata. Dalla piazza si accede alla parte più antica della città attraverso la Porta di Mezzo, su cui si erge la Torre dell’Orologio. La piazza si chiama così perché il 9 aprile del 1860, durante una messa nella Cattedrale di Taormina, si sparse la voce che Garibaldi era sbarcato a Marsala per cominciare dalla Sicilia la liberazione dai Borboni. La notizia si rivelò falsa: infatti Garibaldi sarebbe sbarcato a Marsala solo un mese dopo, ma gli abitanti vollero ugualmente ricordare quella data, dedicandogli la piazza più bella della città. Prima di allora, la piazza si chiamava Piazza Sant’Agostino, dal nome della Chiesa edificata nel 1448 e che occupa un lato della piazza. La Chiesa è oggi sede della Biblioteca Comunale.
La Basilica Cattedrale di S. Nicolò, eretta nel sec. XIII sull’area e le vestigia di un precedente edificio religioso, riedificata nei secoli XV e XVI e rimaneggiata ancora nel Settecento. Nella Facciata sono un portale manieristico del 1633, riccamente decorato nei piedritti e nell’architrave, due monofore quattrocentesche ad arcatura ogivale archivoltata e, in alto, un piccolo rosone del sec. XVI, polilobato con croce pomata nel traforo centrale. Nel fianco sinistro è un portale della seconda metà del sec. XV, ornato da motivi floreali a viticcio sia nei piedritti e nell’arco a ogiva, incorniciato in pomice lavica, che nell’architrave, al centro del quale è la figura di Cristo benedicente tra i Ss. Pietro e Paolo. Nella Fiancata destra è un altro portale della prima metà del sec. XVI, pure architravato e con una lunetta archiacuta. Davanti alla Chiesa è una fontana del 1635. L’interno, di tipo basilicale, ha le tre navate divise da sei colonne. Al primo altare destro, Visitazione e i Ss. Giuseppe e Zaccaria, dipinto su firmato e datato da Antonino Giuffré, 1463; al secondo altare, polittico su tavola di Antonello de Saliba (1504), comprendente nel primo ordine Madonna col Bambino tra i Ss. Girolamo e Sebastiano, nel secondo ordine Pietà tra le Ss. Lucia e Agata, nella predella Gesù e gli Apostoli. All’altare è una statua gigantesca in alabastro della Madonna col Bambino (prima meta sec. XVI); a sin. è un tabernacolo manierista del 1648. A destra dell’altare maggiore, cattedra affiancata da due leoni stilofori con lo stemma della città. La cappella a sinistra della maggiore, consacrata al Sacramento, é del 1749. Al secondo altare sin., S. Agata, statua di Martino Montanini (sec. XVI); al primo, Madonna col Bambino in trono, il Battista e S. Giacomo, e, nella lunetta, Eterno Padre e Crocifisso, dipinto su tavola di Alfonso Franco (sec. XVI).
La Chiesa di San Giuseppe costruita nel XVII secolo, è situata accanto alla Torre dell’Orologio o Torre di mezzo, si affaccia dominandola sulla piazza IX Aprile. Fu costruita tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700 in stile barocco. Una doppia rampa di scale, delimitata da una balaustra in pietra di Siracusa, porta sul sagrato della Chiesa. La facciata è costituita da un grande portale centrale, realizzato con marmi di Taormina di diversi colori, dal quale si accede all’interno, e due piccoli portali laterali, realizzati in pietra di Siracusa, dai quali si accede in sagrestia a destra e in una piccola saletta spesso usata per mostre di pittura a sinistra. Sul lato destro della Chiesa sorge il grande campanile, la cui parte inferiore è fatta con grossi blocchi di pietra di Taormina. La Chiesa era la sede della “Confraternita delle anime del Purgatorio” per questo motivo in diversi punti della facciata ed anche all’interno della Chiesa si possono notare delle figure umane in mezzo alle fiamme che simboleggiano la purificazione dai peccati. All’interno, la Chiesa è ad una sola navata con un transetto che ha al suo centro una cupola in cui si può ammirare un affresco che raffigura San Giovanni Bosco bambino fra la Madonna e Gesù. Sono i Padri Salesiani che dal 1919 si occupano della Chiesa.
La Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto, situata vicino al palazzo Corvaja, sorge sulle rovine dell’antico Odeon, costruito a sua volta sui resti di un tempio greco dedicato probabilmente ad Afrodite. La Chiesa in stile barocco fu costruita nella prima metà del XVII. Entrando a destra, racchiusa in una nicchia su di una colonna, è posta la statua in marmo di Santa Caterina risalente al 1493, questa statua si trovava prima nell’antica Chiesa di S. Caterina fuori le mura, l’attuale Chiesa dei Cappuccini. L’interno della Chiesa è ad una sola navata. Sotto il pavimento della Chiesa c’è una cripta, rinvenuta durante il restauro avvenuto negli anni ’70. Il restauro ha portato anche alla luce, nel lato destro della Chiesa, i ruderi di muri e di acciottolato di epoca greco-romana che sono stati recintati da una ringhiera in ferro battuto. Il portale è in marmo rosa di Taormina, mentre tutte le aperture della facciata sono realizzate in pietra di Siracusa. Al centro della facciata, sopra il portale, è collocata in una nicchia la statua di Santa Caterina scolpita nell’anno 1705 ad opera di Paolo Greco. Rimasta per circa 40 anni in stato di precarietà e chiusa, la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria è stata restaurata e riaperta al culto il 25 novembre del 1977.
Dietro la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto, accanto al palazzo Corvaja, sono i resti dell’Odeon, costruzione romana di età imperiale, messa in luce nel 1893. L’Odeon riproduce l’architettura del teatro più grande, pur avendo un orientamento diverso: il teatro greco-romano guarda a Sud, mentre il piccole Odeon, di dimensioni notevolmente più piccole rispetto al Teatro antico, in quanto conteneva non più di 200 persone, guarda a nord-est. Consta di cinque cunei di gradini, in buona parte opera laterizia (cioè con grossi mattoni d’argilla saldati con la calce). Ai gradini inferiori si accedeva da un corridoio coperto che sboccava nel Centro, e ai superiori attraverso vomitori, che si aprivano lungo i corridoi che circuivano l’intero edificio; rimangono i muri che sostenevano il palco di legno e, a un’estremità laterale della scena, i resti di una camera per gli attori. Il teatro utilizzava come fronte della scena il lato lungo di un preesistente tempio ellenistico di ordine dorico (lo stesso di cui si vedono i resti sotto il pavimento della Chiesa di Santa Caterina). Si pensa che il piccolo Odeon, costruito al centro della Polis, servisse per recite e audizioni musicali riservate ai magistrati, ai maggiorenti civili, militari e religiosi e alle loro famiglie ed anche ad ospiti di riguardo.
Il convento dei domenicani, oggi uno degli alberghi più famosi d’Italia, fu il primo palazzo-castello (iniziato a costruire nel 1374, fu completato nel 1383) e il terzo monastero a nascere a Taormina. La sua origine e la sua storia sono legate al frate domenicano Damiano Rosso, discendente degli Altavilla e Principe di Cerami. Questi, divenuto frate, donò tutti i suoi beni, compreso il palazzo poi trasformato in convento, all’ordine religioso dei domenicani. Dopo molti secoli il Palazzo passò al Comune di Taormina che lo vendette ai principi di Cerami che, ai primi del ‘900, lo trasformarono in albergo. Le 40 celle dei frati sono state trasformate in eleganti stanze. Rimase aperta al culto solo la Chiesa dell’ex convento (dedicata a Sant’Agata), che però fu distrutta dai bombardamenti del 9 luglio 1943. Sui suoi ruderi sorge oggi la sala congressi dell’albergo, che ancora conserva i resti degli altari minori. All’ex convento si accede attraverso un grande portale secentesco, ove è posto lo stemma dell’ordine monastico dei domenicani, scolpito in marmo. Superata la hall dell’attuale albergo, si nota il chiostro, a pianta quadrata con sette archi, per ogni lato, che poggiano su 29 colonne. Un altro chiostro più piccolo, è costituito da sei arcate per lato, con archi poggianti su 25 colonnine.
La strada, il cui tracciato ripete quello dell’antica Consolare Valeria, fu asse di sviluppo del primo insediamento greco-romano, colmato negli spazi vuoti o, più semplicemente, riutilizzabile dagli edifici delle epoche successive. Prende avvio da Porta Messina, riedificata nel 1808 (subito al di fuori, la seicentesca piccola Chiesa di S. Pancrazio, eretta sulle vestigia di un tempio ellenistico dedicato a Giove Serapide), e termina con porta Catania o del Tocco, 1440, che delimita il Borgo a ovest.
In una cornice di antica bellezza, incastonata tra rocce ed anfratti affioranti da un mare azzurro, si adagiano le morbide spiagge di Taormina. Si raggiungono facilmente attraverso delle scorciatoie, con servizio bus di linea e con la funivia. In particolare sul versante nord si estende quella dell’Isola Bella, posta al centro di una splendida insenatura designata da Capo Sant’Andrea e Capo Taormina, oggi Riserva Naturale con il Museo Naturalistico. Seguono le spiaggie di Mazzarò, di Spisone fino a Letojanni. Sul versante sud invece quelle di Villagonia, di Giardini Naxos fino alla foce dell’Alcantara.
I romani, oltre a rimodernare la città, pensarono anche a dotarla di quelle strutture di servizio necessarie allo sviluppo economico, fra le quali vi era la costruzione di un sistema di raccolta delle acque sorgive in capienti cisterne. Le cosiddette Naumachie costituiscono la testimonianza di tale impegno: questa poderosa cortina muraria, in luce per 122 m, serviva a consolidare il terrapieno a monte per la costruzione di un’enorme cisterna, dalla quale si diramavano ulteriori condutture idrauliche per l’irrigazione dei dei terreni a valle. Tra gli edifici che insistono sulle strutture romane è la Chiesa di Santa Maria del Piliere, ora adibita a negozio, che conserva il portale architravato e archivoltato a sesto acuto (inizi sec. XVI). Proseguendo in corso Umberto I, si incontrano sulla sinistra l’ex Chiesa di Sant’Agostino (1486) e più avanti sulla destra, in cima a una gradinata, il palazzo Ciampoli (1412; ora albergo), di forme gotico-catalane, con un piano di esili bifore.
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